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martedì 19 luglio 2011

4° Sagra dei "Ciciri e Tria" - Musica ed enogastronomia @ Salice Salentino

La Pro Loco di Salice Salentino è lieta di invitarvi alla 4° edizione della sagra dei "Ciciri e Tria".

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Per chi non la conoscesse, questa famosa pietanza è il piatto della devozione per San Giuseppe. E' una gustosa variante della classica pasta con brodo di ceci, composta da pochi, umili e semplici ingredienti secondo la tradizione contadina del Salento: aglio, olio, peperoncino, pasta fatta in casa e ceci. I "ciciri e tria" rappresentano un vero esempio di "archeologia gastronomica" con origini addirittura arabe. 






La sagra si svolgerà nel più antico quartiere della cittadina di Salice Salentino, noto tra gli abitanti come " lu Puzzu Nueu" (il Pozzo Nuovo). Si potranno gustare anche altre prelibatezze come le "pittule, la carne "alla pignata", le polpette e arrosti vari, il tutto accompagnato dall'eccellente Negroamaro di Salice. 




Stand per la degustazione in via "Amedeo di Savoia" e musica nell'adiacente villetta De Castris  (via De Castris) a partire dalle ore 20:30 con:


Djset:
Andrea Calella


Live:
Light Mason


Showcase:
Harmless
E.K.C. (Errori Kronici Crew)
Hot Fire System

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Vi aspettiamo numerosi. Non Mancate!

domenica 17 aprile 2011

Salice e le sue campagne: riscopriamone insieme i segreti

Spesso facciamo delle passeggiate nella nostra campagna, ma in modo distratto, frettoloso. Lo facciamo senza fermarci ad apprezzarne i profumi, i colori e i piaceri.

La campagna è stata storicamente fonte di sostentamento per ricchezza di frutti, erbe commestibili e curative.

Noi, cittadini moderni e spettatori passivi della tv, non abbiamo bisogno di alimentarci con ciò che la natura spontaneamente produce, e questo ci ha condotto a rimuovere dalla memoria antichi aromi e sapori naturali, semplici e spontanei, considerati eredità di una società arcaica.

I contadini, nel recente passsato, utilizzavano quanto l’ambiente offriva loro: si nutrivano di quelle erbe, radici e frutti che ancora è possibile rinvenire nei campi, nelle macchie e nei boschi.

Oggi, a causa delle modificate condizioni ambientali, dovute essenzialmente a sistemi di coltivazione intensivi, errate modalità di raccolta, uso indiscriminato di sostanze velenose e diserbanti, diventa sempre più difficile reperire tale varietà di prodotti della campagna.

Per i frutti delle specie arboree ed arbustive il degrado è dovuto a disboscamenti e agli incendi; nonostante dal 1862 al 1985 ci siano stati numerosi provvedimenti legislativi a tutela del patrimonio boschivo nazionale, esso è passato da un’estensione di 250.000 ettari del 1870 ai 110.000 del 1985; la regione Puglia è all’ultimo posto con il 7,7% del suo territorio ricoperto da boschi, ed il Salento con il 3,5%.

Alcune specie, tra cui mirti, cornioli, giuggioli, prugnoli, corbezzoli, sorbi, lazzeruoli, nespoli selvatici ed altre, fanno ormai parte di un’archeologia arborea o arbustiva, tanto che se ne impone la tutela e la conservazione come avviene per le specie faunistiche in via di estinzione e per i monumenti architettonici, artistici e storici.

In passato, l'alimentazione era molto differente da quella attuale. Lo scarso uso di carne non recava danni se compensato da abbondanza di proteine vegetali. Tanto che i monaci, ad esempio, bandendo la carne dalle loro mense, perché ritenuta motivo di ogni peccato, insegnarono a vivere più a lungo, più sani ed in perfetto equilibrio psichico incentivando la dieta vegetariana. In genere l’alimentazione era semplice, costituita da legumi e verdure, ma talvolta anche elaborata, come la pasta di trafila; il vino era bevanda solo per grandi circostanze.

Quando era sentita la necessità di ricercare il cibo per sopravvivere, anche i terreni di solito incolti, spazi considerati di transito, i pascoli, le radure ed i boschi, diventavano riserve produttive ed alimentari. Durante le carestie, le ghiande e le carrube venivano usate come fossero cereali, ricavandone farina per impastare il pane; dalle bacche del lentisco si ricavava non solo olio per lampade e sapone, ma anche per condire le minestre. I poveri, quindi, per necessità facevano largo uso di erbe spontanee e frutti selvatici, come unici alimenti quando mancavano i piatti-base, costituiti da quotidiani legumi e da poca carne nei giorni festivi.

Quando in campagna si faticava dall’alba al tramonto, spettava alle donne, rinunciando alla breve sosta della marénna (piccola colazione), raccogliere erbe spontanee, fiori, radici, tuberi, teneri virgulti da cucinare o da usare come contorni, aromi e medicinali. La sera portavano a casa una minestra di fòje mmischie, come si diceva nelle aree provinciali di Brindisi, Taranto e Lecce. Le minestre di tante erbe spontanee da usare per la cena, unico pasto caldo della giornata, erano considerate capaci non solo di nutrire, ma anche di preservare dai malanni.

Se c’era tempo le donne raccoglievano, oltre le erbe, a seconda della stagione, fiori di camomilla, mazzetti di origano, capperi per la provvista di casa o da vendere a sera cercando acquirenti casa per casa nel vicinato. Gli uomini, quando pioveva e non era possibile svolgere altre attività, andavano a trarre dal fondo della terra, con l’aiuto di picconi, i lampascioni o a scovare lumache dal guscio scuro ed opercolo bianco (uddhratieddhri). In autunno si inoltravano nelle “macchie” a raccogliere i funghi o quanto potevano vendere al tramonto nella piazza del paese.

La vita familiare e sociale era marcata da presenze naturalistiche cariche di significati. Le melagrane erano simbolo di prolificità, non potevano mancare nei banchetti nuziali ed erano presenti nei cùnsuli, i pranzi consolatori offerti ai familiari del defunto; il pranzo rituale che la famiglia della sposa offriva ai consuoceri nel giorno della presentazione del corredo (ma anche nel banchetto nuziale) si apriva con la minestra di cicore reste (verdure selvatiche); frutti selvatici, fatti maturare sul “cannizzu” o nella paglia, come le sorbe, le pere e le nespole d’inverno, erano d’obbligo tra le nuove pietanze, che si gustavano la vigilia dell’Immacolata, dove non dovevano mancare gli ultimi fichi d’India, le melagrane e le melecotogne, allineate sulle mensole del caminetto.

Vi invitiamo a partecipare numerosi alla 4° Pedalata per Masserie del giorno 1° Maggio 2011, alla riscoperta dei colori intensi, dei buoni profumi e degli autentici piaceri della nostra campagna.

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Elogio della bicicletta

Amo la bicicletta
perché scorre silenziosa
e mi accompagna nei pensieri

Amo la bicicletta
perché l’aria fresca
a contatto con la pelle
mi ricorda che sto viaggiando

Amo la bicicletta
perché sono io che la muovo

Amo la bicicletta
perché necessita di poco spazio
e non ho costi da sostenere

Amo la bicicletta
perché nell’andare per le strade
posso soffermarmi a guardare attorno

Amo la bicicletta
perché la sua velocità
è sostenuta ma non eccessiva

Amo la bicicletta
perché saluto le persone che incontro

Amo la bicicletta
perché non uccido
con gas tossici e incidenti pericolosi

Amo la bicicletta
perché mi mantengo in forma fisica

Amo la bicicletta
perché non distrugge la vita
ma la sostiene.

La quota di iscrizione è 2€ e comprende la partecipazione all'estrazione di numerosi premi.